Il giardino all’inglese

Il completamento armonico della Villa Reale sarebbe stato il grande giardino che l’avrebbe circondata con gli ampli parterre che si colgono nei primissimi disegni piermariniani, destinati alla parte anteriore alla reggia, e l’intervento più cospicuo sulla parte posteriore, con la realizzazione di un vasto giardino barocco alla francese sul lato est, caratterizzato da filari alberati, vasi decorativi, statue e due parterre con quattro aiuole regolari a motivi ornamentali arabescati, in corrispondenza delle due ali della facciata posteriore.

Carolina Lose, Le LacA nord di questo giardino, Piermarini realizzò anche un giardino all’inglese, il primo in Italia, fra macchie di bosco e collinette artificiali fra cui si snodavano percorsi sinuosi che aprivano alla visuale di paesaggi di apparente natura incontaminata, sapientemente ricostruita, seguendo i canoni comuni a questo genere di giardini. Maria Teresa inviò due esperti dei giardini all’inglese, Engels e Schiller, a coadiuvare il Piermarini che, nella realizzazione di questa parte del complesso, mise a frutto le sue conoscenze, oltre che di botanica, anche di meccanica e idraulica. A conferire al giardino le caratteristiche che ancora oggi, almeno in parte, lo connotano, vi era, infatti, un laghetto alimentato da un corso d’acqua che proseguiva oltre lo specchio d’acqua, scorrendo fra grotte artificiali pensate per tenervi animali esotici e animando i prati erbosi di rivoli e cascatelle, grazie a innalzamenti e abbassamenti del terreno sapientemente modellati.

antro di PolifemoUna grotta rocciosa, chiamata l’Antro di Polifemo, venne ricavata da uno degli anfratti, mentre in cima alla collinetta più alta venne realizzato un tempietto dorico a somiglianza di quello dedicato a Flora nel giardino di Stourhead a Stourton Wiltshire. Osservava ammirato Ettore Silva, antesignano del giardino naturale in Italia: «[…] Le vicine rocce sono superlativamente ben imitate, e per di sotto in parte racchiudono grotte, congegnate con bell’artificio di acque, di tuffi e di vedute. Superiormente si ha il laghetto oltremodo vago e delizioso, adornato da un bel tempietto dorico sulla ripa più alta. Qui vi hanno cadute d’acqua, e sulla costa a canto il passaggio aggradevolmente si prolunga. Per di sotto il laghetto si travede un sito orrido e selvaggio, che fa da contrapposto con l’amenità che lo circonda, situato fra sterpi e sassi informi, chiamato l’antro di Polifemo […].»   {1}

Secondo quanto riportato da Piermarini, l’arciduca Ferdinando fu talmente soddisfatto della realizzazione da far togliere, in sua presenza, le impalcature delle grotte sottostanti il laghetto prima ancora che fossero finite per vedere come procedevano i lavori. La sua passione per la botanica lo spinse ad arricchire l’area esterna alla reggia con la realizzazione di un orto sperimentale a serre a est e la piantumazione di un patrimonio di piante e fiori rari provenienti da diverse parti del mondo, fra i quali altissime sequoie americane e giganteschi ginko biloba.

Pensato come luogo di svago e di ricevimento, oltre che di delizie, il giardino fu attrezzato di giochi e giostre, analogamente al jeu de bague alla chinese che Maria Antonietta aveva voluto per il Petit Trianon. Il laghetto fu dotato di un ricovero per barche e per cigni che contribuivano a rendere l’amenità del luogo, come testimoniano le incisioni di artisti e i racconti di viaggiatori.
1  -  E. Silva, Dell’arte de’ giardini inglesi (1801), a cura di G. Venturi, Milano 1976, p. 262.